Poiché nelle ricerche di psicologia, le misure di empatia sono spesso basate su autovalutazioni dei partecipanti, un nuovo studio suggerisce che i ricercatori devono essere molto cauti nell’utilizzare le autovalutazioni come misura dell’empatia.
Quale tra i vostri conoscenti – il più allegro, o il più malinconico – saprebbe comprendere meglio il vostro entusiasmo per il fatto che quell’amico verrà alla vostra festa di compleanno, o che un 29 preso all’esame vi ha lasciato delusi? L’evidenza suggerisce che le persone più allegre e ottimiste si considerano particolarmente empatiche, e sembrerebbe ragionevole credere loro, dato che conoscono in media più persone e tendono a formare relazioni più profonde e caratterizzate da maggiore fiducia. La realtà, tuttavia, è più complicata. Una nuova ricerca condotta da Hillary Devlin, psicologa e ricercatrice dell’Università di Yale, suggerisce che le persone allegre tendono a ritenersi empatiche ma che in realtà tendano a sovrastimare la loro capacità.
In una ricerca Devlin ha valutato il livello di 121 partecipanti adulti di “positività” (in sostanza il fatto che loro stato d’animo sia mediamente felice di giorno in giorno) – e ha chiesto loro quanto si ritenessero bravi a immedesimarsi. I partecipanti più “positivi” credevano in generale di essere più empatici.
I ricercatori hanno successivamente studiato dei video di persone che tengono un monologo su un evento autobiografico. Per ciascuno dei quattro video (due con eventi positivi e due con eventi negativi) ai partecipanti è stato chiesto di valutare, secondo per secondo, il livello di emozione negativa o positiva che pensavano che il protagonista del video stesse realmente provando.
I partecipanti con tratti di personalità più positivi ritenevano che la loro capacità nello svolgere questo compito fosse superiore rispetto agli altri. Tuttavia poiché i protagonisti dei video avevano condotto un processo di valutazione identica su loro stessi video, si è scoperto che i partecipanti più positivi non erano più bravi nel valutare i veri sentimenti rispetto ai partecipanti più pessimistici. In realtà, i partecipanti “allegri” avevano trovato più difficile giudicare il tono emotivo di un monologo fortemente negativo, in cui un partecipante ha ad esempio descritto la morte di un genitore.
C’era comunque una nota positiva per i partecipanti “allegri”: erano lievemente più accurati nell’individuare –nei video con eventi positivi – spostamenti in positivo nelle emozioni dei relatori, per esempio come la loro felicità si fosse intensificata leggermente. Ciò fa supporre che le persone allegre possono essere più sensibili ai cambiamenti di emozione che vanno nella direzione della loro disposizione di base. Ad ogni modo la loro elevata fiducia nella propria empatia appare infondata e possono avere notevoli difficoltà nel comprendere a fondo chi si sente molto giù.
E’ utile quindi sapere che non sempre Pollyanna riesce a capire come stanno realmente le persone… a volte sono personaggi come il somarello Hi-Ho ad avere più comprensione.
Liberamente tratto da: http://digest.bps.org.uk/2014/11/happy-people-think-theyre-good-at.html