Il dott. Mark B. Borg, psicologo e psicoanalista, si è occupato di quelle che lui chiama irrelationship, ossia un tipo di relazione che funziona come sistema di difesa psicologico condiviso e co-creato dai partner: una difesa contro la paura e l’ansia legate al fatto che l’altra persona è importante e può ferire o abbandonare. L’irrelationship è un modo di essere in rapporto.
Segue un adattamento dell’articolo originale: Why We End Up in Bad Relationships – di Mark B. Borg Jr., Grant H. Brenner, Daniel Berry.
Sam si lamenta di Claire: “Non apprezzi tutto quello che faccio per te”. Sam si è sempre preso cura della sua compagna, economicamente, emotivamente e persino nelle piccole faccende quotidiane. Recentemente però Claire ha iniziato a rifiutare tutta questa “cura” e Sam si è sentito ferito, arrabbiato e spaventato.
Molte persone entrano in psicoterapia perché continuano a ritrovarsi all’interno di rapporti logori e insoddisfacenti. Perché? Cosa hanno effettivamente da offrire queste relazioni? Talvolta proprio le relazioni rappresentano paradossalmente il posto migliore per evitare la vicinanza e l’intimità.
Come non entrare in relazione in una relazione
Un rapporto veramente intimo è una connessione profonda, libera e flessibile con una persona significativa. Ma quando l’altra persona conta molto, ci si sente anche molto vulnerabili al suo rifiuto e all’abbandono ed allora alcune persone cercano di proteggersi da queste esperienze mantenendo un modo di essere che tiene al riparo entrambi i partner dai pericoli dell’amore. La coppia “accetta” inconsapevolmente alcune regole in grado di mantenere le emozioni siano sotto controllo. Questo tipo di relazioni sono sicure ma limitano la libertà: riguardano il controllo, non l’intimità e la reciprocità.
Non c’è da stupirsi che questi rapporti siano deludenti.
Sam e Claire hanno le loro regole: Sam si prenderà cura di Claire e Claire gli sarà grata. Ciò rende entrambi sicuri: ognuno ha ruoli ben definiti per “giocare” il proprio gioco preferito, quindi il loro rapporto è prevedibile. Ma la sicurezza da sola alla lunga è insoddisfacente.
Si pensi che la più grande paura di un bambino è l’abbandono e infatti farà tutto quello che è necessario per preservare il rapporto col caregiver. Se la madre è depressa, il bambino sa come non gravare su di lei e come alleviare la sua sofferenza. Se è ansiosa, il bambino potrebbe imparare a nascondere le proprie paure. Se il padre ha tratti narcisistici, il bambino cercherà di fare qualcosa di straordinario per far sentire il padre più degno. Questi modi di impegnarsi diventano la base delle interazioni dell’individuo da adulto: non solo delle interazioni amorose ma anche delle relazioni di altro tipo, si pensi ad esempio ai rapporti lavorativi.
Queste interazioni, in qualche modo “limitanti”, quindi spesso hanno origine nell’esperienza infantile con i caregivers ed hanno la funzione di soddisfare le esigenze di base di sicurezza. Ad esempio, un genitore che insegna: “Non devi chiedere nulla” insegna al bambino che il desiderio di essere aiutato incontrerà disapprovazione, umiliazione e rifiuto. Qualcuno con questa storia probabilmente avrà la profonda convinzione che l’abbandono è la naturale e inevitabile conseguenza dell’aver manifestato un bisogno.
Dunque queste relazioni disfunzionali sembrano proteggere dal rischio di essere lasciati. Purtroppo però non fanno altro che limitare la propria esperienza a quello che si crede sia necessario fare per evitare un abbandono. Si perde così spontaneità, reciprocità e reale intimità con il proprio partner. Si perde l’opportunità di vivere una relazione piena e pienamente soddisfacente.
Come si può cambiare?
Le persone che sperimentano di frequente questo tipo di relazioni potrebbero porsi queste domande:
- Continuo a cercare di risolvere i problemi o a salvare le persone da cui sono attratta?
- Spero di incontrare qualcuno che risolverà i miei problemi o che mi salverà?
- Nel mio modo di fare amare coincide col “prendersi cura”?
- Continuo a “fare” molto per il mio partner, anche quando ricevo poco in cambio?
- Vivo le relazioni più come un dovere che come un piacere?
- Mi sento ravvivata o consumata dal mio rapporto?
- Il mio rapporto arricchisce la mia vita?
Queste domande evidenziano il fatto che questo tipo di relazioni abbiano più a che fare con il prendersi cura sebbene assomiglino superficialmente a delle vere relazioni: in entrambi i casi viene fornito un certo grado di cura, sicurezza e stima ma servono scopi diversi. L’obiettivo di una relazione è stabilire la vicinanza e l’intimità, mentre le false relazioni (che il dott. Borg chiama irrelationship) hanno la funzione di minimizzare la vulnerabilità (e il timore di subire un abbandono) attraverso il controllo e la distanza interpersonale.
Uscire da una relazione disfunzionale significa lavorare con – e non per – il proprio partner. Richiede di correre il rischio di abbandonare il rifugio sicuro. Solo allora ci si può trasformare in partner amorosi e intimi, empatici e reciprocamente coinvolti.
A volte vale la pena correre alcuni rischi. Quando Claire inizia a rifiutare la rigida modalità relazionale di Sam e la dose di compiacenza che lei stessa ha giocato nella loro relazione, introduce nuova passione e autenticità nel rapporto: “Tutto quel tuo dare senza accettare nulla da me … sai cosa ha iniziato a significare per me? Che non ho niente di speciale da offrire! Ti rendi conto che per me è importante, Sam? È vero, anche io ho giocato la mia parte, ma la sicurezza non è tutto, non posso più farlo ancora.“
“A me importa molto di te, Claire“, dice Sam. “Ho però paura che se non hai bisogno di me, finirai col lasciarmi…“.
Ora che Sam e Claire hanno iniziato a rendersi conto che le rigide regole della loro relazione stavano minando qualcosa che invece entrambi desiderano – una relazione intima con un partner amato e amoroso – possono cominciare ad muoversi, insieme, verso questo obiettivo.