Tornare nella propria casa d’infanzia durante le Feste è come una specie di “ritorno” a vecchi ruoli e modalità familiari che sembravano superate
In un tipico post di Zen Habits si sottolinea come le riunioni di famiglia in occasione delle Feste possano rappresentare “l’ultimo campo di prova per la mindfulness”: se si è in grado di rimanere centrati e calmi nel bel mezzo della cena di Natale, allora lo si può fare ovunque!
Probabilmente è vero… Ad ogni modo tornare nella casa della propria infanzia e ritrovare le persone con le quali si è vissuto in quel periodo può essere una grande sfida per molte persone. Si sta ovviamente parlando di quel feroce “buco nero” che risucchia i bambini (ormai diventati adulti) e i loro genitori (ormai divenuti anziani) all’interno di quei ruoli familiari che durano da decenni e che si ristabiliscono immediatamente, come per magia, nel momento in cui ci si trova riuniti sotto lo stesso tetto.
La “regressione delle vacanze” è un’esperienza così universale che se ne sono occupati persino molti terapeuti: “Aspettati di regredire” scrive uno; “La regressione può essere dolce“, azzarda un altro. Insomma, sembra di essere destinati a dimenticare tutti i progressi che si pensava di aver fatto per diventare persone adulte e responsabili: per una settimana si rischia di ritrovarsi bambini o adolescenti!
In realtà il concetto di regressione è qualcosa di più complesso di quello che comunemente viene utilizzato: la psicologia e la psicoanalisi non forniscono reali motivi per pensare che le vacanze di Natale possano far tornare ad una modalità di funzionamento psichico relativa ad uno stadio di sviluppo precedente. Il punto però è che quei vecchi ruoli tra genitori e figli, o tra fratelli, tornano realmente a funzionare durante le riunioni di Natale: sono metodi collaudati nel tempo che hanno probabilmente permesso alla maggior parte delle famiglie di rimanere insieme. I circa 20 anni che intercorrono tra la nascita e l’indipendenza (la fuga dal nido), sottolinea la terapeuta Marie Hartwell-Walker , sono “una pratica continua ed efficace che rende lo stile familiare – e il nostro ruolo in esso – permanente“!
Niente di tutto questo significa che trovarsi a ricoprire (inconsapevolmente o meno) quei ruoli sia qualcosa di piacevole o divertente. Niente affatto! Però quei ruoli servono (forse meglio dire “servivano”)a uno scopo: lo scopo dell’unità familiare (e del mantenimento del proprio equilibrio psichico). Si tratta, nella maggior parte dei casi, del migliore adattamento possibile, date specifiche situazioni e condizioni, che a quel tempo si è potuto trovare.
Al di là di queste considerazioni, molto affascinanti ed anche estremamente complesse, sono in gioco fattori psicologici più banali: come si può pensare di non provare qualche sensazione spiacevole quando si guarda quella porta che si era rotta durante una lite con il padre? E, se si sta dormendo nella camera in cui si dormiva da bambini, come si può pensare di evitare di assumere alcune caratteristiche del bambino che tempo fa dormiva proprio lì?
Poi c’è l’odore particolare della casa di famiglia: l’odore, come Marcel Proust sapeva bene e la recenti ricerche confermano, può essere un innesco particolarmente potente per i ricordi e per le emozioni ad essi connesse. In breve: un viaggio di ritorno a casa sarà sempre un ritorno in una specie di “campo minato psicologico”.
E cosa si può fare in questo campo minato? Meredith Hines consiglia di ricordarsi di assumere una postura da adulto in modo da contrastare il ritorno emotivo relativo all’infanzia. Stare letteralmente dritti, piantare i piedi bene a terra, fare un respiro profondo, usare la voce che si usa nella vita quotidiana e…
Si tratta di strategie di “embodied cognition”, molto interessanti. Non so però se possono realmente essere d’aiuto. Forse meglio provare a godersi il pranzo e… se proprio non va… Meglio uscire e farsi una passeggiata!
Buone Feste
Liberamente tradotto e adattato dall’articolo originale: The incredibly annoying psychology of Christmas holiday regression