Differenti modalità di rispecchiamento

psicologo milano – Dott. Luca Mazzotta

Le ricerche dei teorici dell’attaccamento e della psicologia dello sviluppo continuano a sottolineare come l’esperienza precoce di intersoggettività del bambino sia associata all’abilità di comprendere gli stati mentali nel sé e nell’altro. E’ noto dai lavori di Mary Main  sull’Adult Attachment Interview, che la coerenza della narrativa di attaccamento della madre (cioè la capacità di riflettere coerentemente sul suo passato) è strettamente collegata ai pattern di attaccamento del figlio nella Strange Situation (Main, et al., 1985). Importanti studi hanno inoltre dimostrato che i bambini con un attaccamento sicuro superano più agevolmente i test di comprensione degli stati affettivi degli altri rispetto ai bambini con attaccamento insicuro (Fonagy, et al., 1997c). Questa capacità, a sua volta, è strettamente legata alla capacità dei genitori, precedentemente menzionata, di riflettere coerentemente sul loro passato: madri e padri che mostrano alti livelli di “funzione riflessiva” nelle loro narrative di attaccamento prima della nascita del bambino, avranno una probabilità di 3-4 volte superiore di avere un bambino con attaccamento sicuro ad un anno di età, rispetto ai genitori la cui capacità riflessiva risulta essere bassa (Fonagy, et al., 1991).

E’ chiaro allora che la base per un senso di sé e dell’altro è generata e trasmessa attraverso la relazione di attaccamento in cui il bambino è riconosciuto, riflesso e trattato come un essere psicologico da un altro essere psicologico. Perciò, il trovare il proprio Sé nella mente dell’altro è innanzitutto, e soprattutto, una questione affettiva che si caratterizza nel tipo di relazione (sintonizzata o meno, sicura o meno) che intercorre tra il bambino e il suo caregiver.

E’ stato dimostrato che adeguati livelli di contingenza permettono una efficace regolazione dell’affetto, chiave di accesso ad un ad attaccamento sicuro (Jaffe, et al., 2001), il quale a sua volta permette di sviluppare una efficace capacità di mentalizzare.

Ma perché la qualità della regolazione affettiva derivante dall’attività di rispecchiamento ed un attaccamento sicuro agevolano l’acquisizione della capacità di mentalizzare?

Una efficace attività di rispecchiamento richiede due condizioni: innanzitutto il rispecchiamento deve essere congruente con lo stato mentale del bambino: deve rimandare una rappresentazione che rispecchi lo stato mentale del bambino.

In secondo luogo il rispecchiamento deve essere caratterizzante (Gergely, 2004), cioè il genitore deve esprimere l’affetto (rispecchiando quello del bambino) facendo capire allo stesso tempo che non sta esprimendo i propri sentimenti: le sue manifestazioni non sono reali, non sono un’indicazione di come il genitore si sente. Questa caratteristica del comportamento del genitore è stata anche definita come “marcatura” del rispecchiamento (Fonagy, et al., 2002).

Nel caso di un rispecchiamento non-congruente e ripetuto nel tempo si potrebbe predisporre nel bambino una struttura del tipo “falso-Sé” di Winnicott. Winnicott ha messo in evidenza che, quando un bambino fallisce nel trovare il suo stato emotivo riflesso nel volto o nello stato mentale del caregiver, questo bambino tende ad internalizzare lo stato emotivo specifico del caregiver. Col tempo questa ripetuta internalizzazione dello stato d’animo o delle difese del genitore possono portare alla formazione di una struttura falso-Sé nel bambino (Winnicott, 1960). Fonagy ha sviluppato oltre questa idea, suggerendo che questa internalizzazione porta alla formazione di un sé non conosciuto, alieno, che può essere esperito dal bambino come un possibile oggetto persecutore (Fonagy, et al., 1993). Questo oggetto alieno nel Sé porterà il bambino a non poter sviluppare un sicuro ed indipendente senso di Sé poiché avrà introiettato dall’altro una rappresentazione distorta del Sé. Questa versione distorta del Sé viene assimilata come una parte inevitabile ma disturbante della struttura del bambino, dalla quale il bambino può anche cercare disperatamente di disfarsi in ogni modo.

Nel caso di un rispecchiamento non-caratterizzante (o non-marcato) invece, il bambino potrebbe via via interpretare l’espressione del caregiver come l’esternazione della sua esperienza, predisponendosi così a vivere le sue emozioni attraverso gli altri, proprio come avviene nelle strutture borderline: il proprio stato affettivo viene esperito nell’altro. Ciò avverrebbe perché il caregiver ad esempio, è portato a rispondere alla rabbia del bambino con la sua rabbia, senza alcuna capacità di riflessione e contenimento. A questo punto il bambino non riuscirà a rimanere in contatto, dentro di sé, con le proprie emozioni ma potrà solo rintracciarle nell’altro. Successivamente sarà portato a “vivere”, e dunque a suscitare, nell’altro il proprio stato affettivo, con un meccanismo di identificazione proiettiva, per poter in qualche modo ritrovare e sentire il proprio stato affettivo (Fonagy, et al., 2002).

In nessuno dei due casi si avrebbe una efficace regolazione affettiva, poiché il bambino dovrebbe imparare a trovare delle soluzioni alternative, per autoregolarsi. In tal modo il sistema di attaccamento virerebbe nel migliore dei casi verso un attaccamento insicuro se non, in assenza di una strategia efficace, verso il tipo disorganizzato.

L’attivazione del sistema di attaccamento, cioè di quei comportamenti volti a mantenere una efficace regolazione dei propri stati affettivi, inibisce a sua volta la possibilità di mentalizzare efficacemente. Inoltre diverse ricerche

[ad es. (Slade, et al., 2005)] hanno trovato una relazione molto forte tra attaccamento del bambino e capacità di mentalizzare del genitore nel rapporto con il bambino, il che, come abbiamo visto in precedenza, non favorisce l’acquisizione della capacità di mentalizzare da parte del bambino stesso.

Il sistema di attaccamento è frequentemente attivato nei soggetti con attaccamenti insicuro a causa dell’angoscia che più frequentemente si trovano a dover fronteggiare. Nel modello di Fonagy, soggetti insicuri-distanzianti, a causa delle loro esperienze passate avverse, sono portati a disattivare il sistema della memoria a lungo termine come strategia difensiva. In questo modo avranno una disponibilità ridotta di memorie associate ad emozioni, sia positive che negative (il che spiega la difficoltà di fornire narrative ricche nell’Adult Attachment Interview). Queste persone potranno inoltre manifestare un approccio poco coinvolto nelle relazioni interpersonali che richiedano un certo grado di intimità (Main, 2000). Al contrario, nei soggetti insicuri-preoccupati, il sistema di attaccamento può essere meno efficace (sempre come esito di una strategia a suo tempo adattiva) nell’inibire sufficientemente la memoria a lungo termine con il risultato di una accesso troppo facile (ed a volte intrusivo e inadeguato) alle esperienze passate, generando così una preoccupazione relativa agli eventi (alle relazioni) del passato attiva nel presente. Dunque l’insicurezza tende a disattivare eccessivamente (nel caso degli insicuri-evitanti) o insufficientemente (nel caso degli insicuri-preoccupati) la memoria emotiva e la capacità di mentalizzare adeguatamente (Allen, et al., 2006).

In nessuno dei due casi la mentalizzazione potrà essere efficace, poiché la situazione presente non potrà essere rappresentata adeguatamente (per incongruenza, mancanza o eccesso di associazioni emotive tra il vissuto e la situazione attuale).

I soggetti con attaccamento sicuro, al contrario, non hanno bisogno di attivare frequentemente il loro sistema di attaccamento e ciò permette loro di poter esercitare pienamente ed efficacemente la capacità di mentalizzare.

La capacità di mentalizzare del bambino, come abbiamo visto, nasce all’interno di un atteggiamento adeguatamente riflessivo del caregiver e pertanto, qualora questi non sia in grado di mentalizzare efficacemente, la mentalizzazione nel bambino potrebbe risultare compromessa.

 

Opere citate

Allen J.G. e Fonagy P. Mentalization-Based Treatment [Libro] / a cura di Fonagy P. e Allen J.G.. – Chichester : John Wiley & Sons, 2006. – Tr. it.: La mentalizzazione. Psicopatologia e trattamento. Bologna, Il Mulino (2008).

Fonagy P.; Gergely, G.; Jurist, E.L.; Target, M.  Affect Regulation, Mentalization, and the Development of the Self [Libro]. – London : Other Press, 2002. – Tr. it.: “Regolazione affettiva, mentalizzazione e sviluppo del Sé”. Milano, Cortina (2008).

Fonagy P.; Steele, H.; Moran, G.; Steele, M.; Higgitt, A. The capacity for understanding mental states: The reflective self in parent and child and its significance of security of attachment [Articolo] // Infant Mental Health Journal. – 1991. – 13. – p. 201-218.

Fonagy P., Moran G. e Target M. Aggression and the psychological self [Articolo] // International Journal of Psychoanalysis. – 1993. – 74. – p. 471-485.

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Gergely G. The role of contingency detection in early affect-regulative interactions and in the development [Articolo] // Social Behavior. – 2004. – 13. – p. 468-478.

Jaffe, J.; Beebe, B.; Feldstein, S.; Crown, C.; Jasnow, M. Rhytms of dialogue in early infancy [Articolo] // Monographs of the Society for Research in Child Development. – 2001. – 225 : Vol. 66. – p. 1-132.

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Main M., Kaplan N. e Cassidy J. Security in infancy, childhood and adulthood: A move to the level of representation [Sezione di libro] // Growing points in attachment theory and research / aut. libro Bretherton J. e Walters E. (a cura di). – [s.l.] : Monographs of the Society for Research in Child Development, 1985. – Vol. 50. – Tr. it.: in Riva Crugnola, C. (a cura di) “Lo sviluppo affettivo del bambino”. Milano, Cortina (1993).

Slade, A.; Grienenberger, J.; Bernbach, E.; Levy, D.; Locker, A. Maternal reflective functioning, attachment and the transmission gap: A preliminary study [Articolo] // Attachment and Human Development. – 2005. – 7. – p. 283-298.

Winnicott D.W. Ego distortion in terms of true and false self [Sezione di libro] // The maturational processes and the facilitating environment. – New York : International Universities Press, 1960. – Tr. it.: in “La distorsione dell’Io in rapporto al vero e al falso Sé”; in “Sviluppo affettivo e ambiente”. Roma, Armando (1975).