Gli stadi della mentalizzazione da zero a sei anni
di Luca Mazzotta – Psicologo
Può essere estremamente utile, per chi opera come psicologo clinico, al fine di poter meglio leggere alcune difficoltà dei pazienti, avere in mente alcune importanti fasi dell’evoluzione del senso di sé come agente e dell’acquisizione della capacità di mentalizzare.
- Nei primi sei mesi di vita il bambino riconosce solo degli schemi di interazione, in cui le varie e ripetute esperienze interattive tra genitore e bambino si consolidano. Non esiste ancora una distinzione tra causa ed effetto né la distinzione dei vari elementi in interazione tra loro ma semplicemente il riconoscimento di una contingenza. È il periodo del senso del Sé emergente e del Sé nucleare (Stern, 1985) mentre Gergely parla dello sviluppo del sé come “agente fisico” e del sé come “agente sociale” (Fonagy et al., 2002).
- Nella seconda parte del primo anno il bambino inizia a riconoscere delle relazioni causali tra le azioni, la persona che agisce e gli effetti sul mondo circostante. Ciò permette una prima differenziazione tra sé e oggetto, tra mezzi e fini e dunque il riconoscimento del sé come “agente teleologico”. Il bambino fa esperienza della sua capacità di agire e dell’esistenza di un mondo fuori di sé, sebbene il mondo sia ancora visto come un prolungamento della propria azione (egocentrismo infantile). Si tratta in pratica del passaggio dal terzo al quarto stadio indicato da Piaget (dallo stadio delle reazioni circolari secondarie a quello della coordinazione e applicazione degli schemi secondari). In questa fase però non esiste ancora una capacità di concepirsi (e concepire gli altri) come agenti mentali: ogni indicatore delle intenzioni proprie e dell’altro è ancorato nell’ambito del fisico (Allen, et al., 2006). In questo senso può essere attribuito un significato alle azioni autodistruttive dei pazienti borderline, per i quali l’atteggiamento non mentalizzante li porta a fare esperienza di sé, e della propria capacità di agire, in un ambito strettamente fisico. Sempre a questo stadio, e sicuramente non oltre, sembrano riferirsi gli affetti-sensazioni cui si riferisce Racalbuto, pensieri non pensati e non pensabili che restano intrappolati, in assenza di un efficace apparato per pensare i pensieri, in una modalità conoscitiva carnale (Racalbuto, 1994).
- Successivamente, a partire dal primo anno di età, il bambino inizia a rappresentarsi mentalmente la propria capacità di agire: le azioni sono viste ora come causate da desideri, e le stesse azioni possono avere effetti non solo nei corpi ma anche nelle menti (propria o altrui). L’egocentrismo infantile non è più così pervasivo come in precedenza, permettendo quindi di poter riflettere sui sentimenti e sui desideri degli altri come distinti dai propri. A questa età tuttavia il bambino, sebbene inizi a riconoscere l’esistenza di stati mentali, non è ancora capace di rappresentarsi gli stessi stati mentali come indipendenti dalla realtà fisica, e dunque la distinzione tra interno ed esterno non è ancora raggiunta (Allen, et al., 2006). Ad ogni modo gradualmente i bambini acquisiscono una “teoria della mente”, imparando che gli altri non sono semplicemente dei partner interattivi, ma hanno credenze, teorie, sentimenti che riferiscono sia a sé che agli altri (Mancini, 2001). Durante il secondo anno di vita, dunque, emerge la comprensione del sé come “agente mentale intenzionale”.
- Tra i tre e i quattro anni inizia a comparire la prima differenziazione tra interno ed esterno, tra realtà fisica e stati mentali: il bambino ora sa che le persone non sempre sentono ciò che dimostrano. A questa età la capacità di distinguere le emozioni permette lo sviluppo dell’empatia ed una maggiore interazione coi pari; inoltre, e ciò ha una notevole importanza, il bambino si rende conto che il comportamento umano può essere determinato sia da stati mentali transitori che da caratteristiche stabili di personalità. E’ proprio questa capacità che permette sia l’emergere del concetto del Sé (Flavell, 1999) che l’importantissima capacità di riconoscere la possibilità (in se stessi e negli altri) delle false credenze.
- Intorno ai quattro-cinque anni, infine, la capacità di mentalizzare compie un salto qualitativo: gli stati mentali sono visti come indipendenti dalla realtà fisica: emerge la comprensione del sé come “agente rappresentazionale” (Fonagy, et al., 2002); il gioco diviene maggiormente elaborato ed agli adulti iniziano ad essere preferiti compagni di gioco di pari età. Il bambino acquisisce inoltre la capacità di conservare memorie dei propri stati mentali e delle proprie intenzioni (e delle esperienze ad essi collegati) in modo da accedere ad una rappresentazione del “sé autobiografico” (Fonagy, et al., 2002), coerente ed esteso anche in senso temporale. Questa coerenza, nel caso di traumi, può essere perduta a causa dell’impatto che il trauma stesso ha sulla memoria autobiografica (Fonagy, et al., 1997b). La maggiore coerenza del Sé porta contemporaneamente al graduale riconoscimento dell’esistenza dei conflitti emotivi: in effetti è molto più probabile riconoscere un conflitto proprio nel momento in cui questo rischia di mettere in discussione l’acquisizione di una certa coerenza di Sé e del proprio vissuto.
Opere citate e approfondimenti utili di psicologia, psicoterapia e psicoanalisi
Allen J.G. e Fonagy P. – Mentalization-Based Treatment – Chichester : John Wiley & Sons, 2006. – Tr. it.: La mentalizzazione. Psicopatologia e trattamento. Bologna, Il Mulino (2008).
Flavell J.H. – Cognitive development: Children’s knowledge about the mind – Annual Review of Psychology. – 1999. – 50. – p. 21-45.
Fonagy P.
Fonagy P. e Target M. – Perspectives on the recovered memories debate [Sezione di libro] // Recovered Memories of Abuse: True or False? / aut. libro Sandler J. e Fonagy P. (a cura di). – London : Kamac Books, 1997b. – Tr. it.: “Il recupero dei ricordi di abuso: ricordi veri o falsi?”, Milano, Angeli (2002).
Mancini T. – Sé e identità – Roma : Carocci, 2001.
Racalbuto A. – Tra il fare e il dire – Milano : Raffaello Cortina Editore, 1994.
Stern D. – The Interpersonal World of the Infant – New York : Basic Books, 1985. – Tr. it.: “Il mondo interpersonale del bambino”. Torino, Bollati Boringhieri (1987).