Come gestire i colloqui psicologici in questa nuova fase.
Sinora è stato possibile proseguire il lavoro psicoterapeutico grazie alle videochiamate: è una modalità con cui si può fare (e anche molto bene) psicoterapia, sebbene non sia la modalità d’elezione ed abbia in sé alcuni limiti. In particolare, la psicoterapia psicoanalitica ha bisogno della presenza fisica e di un luogo “terzo” per diversi motivi che non possono essere trattati in questa sede. Ad ogni modo l’emergenza sanitaria dovuta al coronavirus non ha lasciato possibilità di scelta: era l’unica modalità con cui si poteva proseguire il trattamento. Sia chiaro: la psicoterapia con Skype è e resta una modalità temporanea e, non appena sarà possibile, si dovrà tornare alla modalità in presenza.
Ora siamo in “fase 2”, sarebbe possibile effettuare dei colloqui in presenza ma, poiché non si è in una situazione di normalità, è necessario osservare alcune misure imposte dalla legge, dalle società scientifiche e dal buon senso. Vediamo un po’ di cosa si tratta. È necessario innanzitutto evitare di utilizzare la sala d’attesa e la disponibilità di orari è quasi dimezzata (si deve provvedere alla sanificazione degli ambienti dopo ogni singolo colloquio). Non è possibile utilizzare l’aria condizionata, vanno tenuti costantemente aerati i locali (finestre aperte). Infine, si deve stare ad una distanza di sicurezza l’uno dall’altro (un metro è del tutto insufficiente quando si staziona per lungo tempo in uno spazio chiuso e di piccole dimensioni) e vanno indossate idonee mascherine protettive. Si badi bene: parlare con un’altra persona in una stanza chiusa per 45 minuti rappresenta una situazione ad alto rischio, molto più rischiosa che prendere un aperitivo al bar su di un tavolino all’aria aperta o fare la spesa al supermercato.
Quindi meglio continuare con i colloqui in videochiamata o tornare in studio? In una situazione di emergenza sanitaria come quella attuale, l’unica considerazione che andrebbe fatta dovrebbe essere relativa a quale sia la situazione che riduce il rischio di contagio. In questo caso non ci sarebbero dubbi. Ma proviamo a trascurare questo imprescindibile elemento e proviamo a fare delle considerazioni di tipo esclusivamente tecnico-clinico: siamo sicuri che la psicoterapia in presenza – in questa fase ed in queste condizioni – sia preferibile ad un colloquio in videochiamata?
La psicoterapia si avvale dell’incontro tra due persone, incontro che, per quanto possibile, deve svolgersi in condizioni di sufficiente tranquillità, sicurezza psichica e confort. In questo modo si dovrebbero creare le condizioni per poter volgere l’attenzione verso i propri pensieri, osservarli e descriverli, cercando di subire quante meno distrazioni possibile dall’esterno (l’uso del lettino serve anche a questo). È un compito non sempre facile, come chi si sottopone ad una psicoterapia psicoanalitica sa bene. Sono condizioni necessarie sia per il paziente che per l’analista. Un colloquio che si svolga stando attenti a non sostare a meno di due metri l’uno dall’altro, parlando dagli angoli opposti della stanza, in una stanza calda e rumorosa per via della finestra aperta, con il timore (consapevole o negato) di contagiare o venire contagiati e soprattutto parlando col volto nascosto dietro una mascherina… non può certo definirsi una situazione di sufficiente confort e sicurezza psichica.
Siamo sicuri che un colloquio in queste condizioni sia davvero meglio di uno in videochiamata?