Un nuovo studio suggerisce che essere “autentici”, cioè fedeli a se stessi ed in grado di vivere nel rispetto dei propri valori, è così fondamentale che quando si vive in modo non autentico o si tende a nascondere il proprio vero Sé ci si sente immorali o in qualche modo moralmente corrotti.
Questo senso di “corruzione”, secondo i ricercatori, può portare ad una eccessiva attenzione verso la pulizia l’igiene ed a comportamenti compensatori di solidarietà sociale come un modo per “lavare la coscienza”.
Il nostro lavoro mostra che la sensazione di non autenticità non è un fenomeno passeggero o superficiale, ma riguarda profondamente l’essenza stessa di ciò che significa essere una persona morale, ha detto lo psicologo Maryam Kouchaki, Ph.D., della Kellogg School of Management della Northwestern University.
Kouchaki e alcuni colleghi, la Dott. Francesca Gino della Harvard Business School e Adam Galinsky della Columbia Business School, hanno anche ipotizzato che l’inautenticità possa avere conseguenze psicologiche simili a quelle di comportamenti immorali come mentire o imbrogliare.
Ad esempio, quando si fa finta di essere entusiasti di qualcosa che in realtà non si vuole fare o quando si cerca di adattarsi ad un insieme di persone che non condivide i nostri valori, quello che si fa è mentire al proprio vero Sé. Questo ha portato i ricercatori a ipotizzare che l’inautenticità dovrebbe anche provocare sensazioni di disagio morale, ed in effetti hanno verificato che ciò era proprio quello che accadeva in una serie di esperimenti.
In un esperimento i partecipanti cui era stato chiesto di raccontare una situazione in cui si erano sentiti non autentici hanno riferito di percepirsi meno in contatto con il loro vero Sé e più impuri, sporchi o contaminati rispetto ai partecipanti cui era stato chiesto di raccontare su un momento in cui si erano sentiti autentici.
Per alleviare il disagio con la propria coscienza, si può essere tentati di “lavare” via questi sentimenti di corruzione morale.
I ricercatori hanno scoperto che i partecipanti che avevano descritto aspetti di inautenticità erano più propensi a riempire completare con lettere mancanti alcune parole legate alla pulizia – per esempio, il completamento l _ _ a r e come “l a v a r e” invece di “l o d a r e” – rispetto a quelli che avevano descritto aspetti di autenticità.
Secondo i risultati dello studio, inoltre, i partecipanti che avevano descritto situazioni di minore autenticità erano più propensi ad usare prodotti legati all’igiene personale ed alla pulizia.
Lo studio ha anche riscontrato che compiere buone azioni potrebbe essere un’altra strategia il cui scopo sarebbe quello di bilanciare la percezione di se stessi come moralmente corrotti.
I partecipanti che sono stati spinti a pensare ad una situazione in cui si sono sentiti non autentici avevano più probabilità di collaborare più a lungo (di circa 15 minuti) in un sondaggio con lo sperimentatore rispetto a quelli cui era stato chiesto di pensare ad un momento in cui avevano fallito un test o a quello che avevano fatto il giorno precedente.
I ricercatori hanno ipotizzato che il comportamento altruistico dei partecipanti sembrava essere guidato dal bisogno di controbilanciare i loro sentimenti di “immoralità”.
Lo studio è stato pubblicato in Psychological Science , una rivista della Association for Psychological Science. Fonte dell’articolo, liberamente tratto e tradotto.