Vi sono significative differenze nella prescrizione e nell’uso di antidepressivi tra i paesi europei nonostante non vi siano sostanziali differenze nell’incidenza dei disturbi dell’umore.

L’atteggiamento dell’opinione pubblica nei confronti della depressione e della malattia mentale e i livelli di spesa sanitaria possono spiegare le grandi differenze nell’uso di antidepressivi nei paesi europei, secondo un nuovo studio condotto da ricercatori dell’Istituto di Psichiatria, Psicologia e Neuroscienze (IoPPN) al King College di Londra.

Lo studio, pubblicato oggi sul British Journal of Psychiatry, ha scoperto che gli antidepressivi sono stati prescritti più frequentemente e utilizzati con maggiore regolarità nei paesi con i livelli più elevati di spesa sanitaria.

Inoltre la credenza che le persone depresse o con una malattia mentale siano “pericolose” è risultata associata ad un uso più elevato di antidepressivi, mentre l’atteggiamento sociale che vede la malattia mentale come “inguaribile” o come qualcosa di cui è in qualche modo responsabile lo stesso ammalato sono stati risultati associati ad un minor uso – e comunque meno regolare – di antidepressivi.

Questa ricerca è la prima a esaminare le ragioni che possono celarsi dietro le differenze nelle pratiche di prescrizione di antidepressivi in tutta Europa.

Il team di ricercatori del King College di Londra ha usato i dati dell’Eurobarometer 2010, una vasta indagine della popolazione generale in 27 paesi europei, per valutare le pratiche di prescrizione di antidepressivi e la regolarità di impiego. Hanno confrontato questi dati con la spesa sanitaria dei singoli paesi europei e con gli atteggiamenti a livello nazionale verso i problemi psichici.

Si sono osservate notevoli differenze nell’uso di antidepressivi in tutta Europa, dal 16% della popolazione generale in Portogallo all’appena 3% per cento in Grecia. Nel Regno Unito, il 9% della popolazione aveva usato antidepressivi negli ultimi 12 mesi.

Era già noto il fatto che vi fossero notevoli differenze tra i vari paesi pur senza alcuna significativa differenza nella prevalenza dei disturbi mentali. Ad esempio è stato osservato che nel 2010 i medici in Islanda avevano prescritto un numero  sei volte maggiore di antidepressivi per persona rispetto ai medici in Estonia.

La dottoressa Sara Evans-Lacko, docente presso il King’s College di Londra, ha detto: “La nostra ricerca fornisce nuove informazioni su come l’atteggiamento sociale e il livello di spesa pubblica per la sanità siano associati con l’uso di antidepressivi”.

“Le prescrizioni di antidepressivi stanno aumentando complessivamente ad un tasso del 20% annuo in Europa. Trovare un equilibrio tra eccessive prescrizioni e scarse prescrizioni di antidepressivi è difficile. Dobbiamo affrontare lo stigma nei paesi a “bassa prescrizione di antidepressivi” affinché le persone che hanno bisogno di un trattamento psicofarmacologico possano realmente beneficiarne. Tuttavia, dobbiamo anche affrontare le ragioni che stanno dietro l’eccessiva prescrizione di antidepressivi in alcuni paesi europei”.

Gli autori dello studio suggeriscono che il maggiore uso di antidepressivi nei paesi in cui le persone con malattie mentali vengono viste come “pericolose” potrebbe riflettere una maggiore propensione verso la ricerca di una soluzione al problema ed una maggiore propensione ad effettuare degli interventi obbligatori.

D’altra parte, nei paesi in cui vi sono forti convinzioni che le persone con malattie mentali siano responsabili della loro condizione o che la malattia mentale si incurabile vi è una minore probabilità di ricorrere agli antidepressivi ed una minore regolarità nel loro uso utilizzo. Secondo gli autori sarebbe proprio il tipo di atteggiamento sociale che ridurrebbe la probabilità di cercare una soluzione.

La dottoressa Evans-Lacko ha aggiunto: “La percezione che le persone con malattie mentali non possono guarire o che siano colpevoli della loro malattia sembra essere una forte barriera all’uso di antidepressivi in alcuni paesi. Contrastare queste credenze attraverso campagne mirate ed altri interventi potrebbe contribuire a un uso più appropriato di farmaci antidepressivi”.

Liberamente tratto e tradotto da: http://www.eurekalert.org/pub_releases/2015-07/kcl-cae070815.php