Circa l’80% delle persone, entro metà febbraio, non avrà rispettato i buoni propositi per l’anno nuovo.
La maggior parte dei buoni propositi riguarda uno stile di vita in qualche modo più salutare.
Le cause psicologiche alla base del fallimento dei buoni propositi includerebbero il fatto di pensare troppo a quanto sarà difficile tenere fede ai buoni propositi ed il fatto di prevedere delle “clausole mentali rescissorie”.
Con l’occasione del nuovo anno molte persone desiderano “voltare pagina”: è a questo che servono i buoni propositi di inizio anno, ad apportare in qualche modo dei miglioramenti alla propria vita.
Ma solitamente si tratta di propositi che sono estremamente difficili da rispettare. Infatti, secondo una statistica l’80% di questi andrà incontro ad un fallimento entro le prime sei settimane. Uno sforzo coraggioso!
Uno studio del 2016, pubblicato sulla rivista scientifica “Personality and Social Psychology Bulletin” ha indagato proprio i buoni propositi di inizio anno ed ha rilevato che il 55% di essi aveva a che fare con la salute, come fare più esercizio fisico o mangiare più sano. Circa il 20% invece aveva a che fare con la chiusura di posizioni debitorie.
Queste sono cose difficili da fare in qualunque momento dell’anno, figurarsi proprio nelle settimane immediatamente successive le vacanze di Natale.
Lo studio, condotto da Kaitlin Woolley della Cornell University e Ayelet Fishbach dell’Università di Chicago, ha rilevato che quello che spinge i partecipanti a mantenere fermi i propri propositi nel lungo periodo è la presenza di una gratificazione immediata (come ad esempio il divertimento). In altre parole, quando i partecipanti ricevevano benefici immediati dalle loro nuove abitudini, si mostravano più propensi a seguirli anche nel lungo periodo.
Un altro studio, pubblicato sul Journal of Nature and Science (Iso-Ahola SE. Conscious-Nonconscious Processing Explains Why Some People Exercise but Most Don’t. J Nat Sci, 3(6):e384, 2017.), ha esaminato il motivo per è così difficile rispettare i buoni propositi legati allo stile di vita e alla salute.
Sembra infatti che solo un quinto delle persone rispetti gli obiettivi legati all’alimentazione, stile di vita ed esercizio fisico, nonostante si senta continuamente dire che uno stile di vita più sano potrebbe allungare la vita.
Secondo l’autore, il professor Seppo Iso-Ahola, dell’Università del Maryland, il problema sta proprio nella battaglia interna tra fare quello che si desidera fare e quello che invece si dovrebbe fare.
Il problema sta nel fatto che il pensiero associato al mangiare solo un’insalata per cena, o all’andare a correre, dopo una faticosa giornata di lavoro è un pensiero che ha comunque in sé ancora un “obbligo”: in questo modo si hanno meno probabilità di seguire il proposito. È chiaro che dopo una giornata di lavoro prevalga la tendenza umana a seguire la legge del minimo sforzo, soprattutto dopo aver mantenuto un elevato grado di autocontrollo durante il lavoro quotidiano. L’esercizio fisico o mangiare solo un’insalata può avere maggiore probabilità di successo se associate al tempo libero ed in u contesto in cui non ci si sente ancora “costretti” a fare qualcosa.
Eppure Erin Falconer nel suo libro “How to Get Sh * t Done”, afferma che ciò che impedirebbe di raggiungere effettivamente gli obiettivi per il nuovo anno sarebbe “una parola”: la parola “dovrei” non va bene perché è spesso associata a senso di colpa, vergogna e assenza di decisione. Implica inoltre che qualunque cosa si stia pianificando è solo una possibilità e non qualcosa che effettivamente accadrà. In altre parole, ci si sta dando una scusa per non fare qualcosa, dicendo che “si dovrebbe” fare qualcosa piuttosto che “si farà” qualcosa. Una specie di clausola mentale rescissoria.
E ci risiamo! Obbligarsi non va bene. Non obbligarsi neppure. Insomma… se tutte queste strategie (semiserie?) non dovessero funzionare…. Ci sarà l’anno prossimo per riprovarci!
Buon anno.
Tratto e liberamente adattato da: The psychology behind. Why we’re so bad at keeping New Year’s resolutions