Una delle differenze tra lo psicodramma classico e quello psicoanalitico sta proprio nel rispetto del testo, che in quello classico deve essere molto fedele alla scrittura (la storia che il protagonista narra) lasciando da parte ciò che emerge o può emergere dal gruppo. In questo modo secondo alcuni verrebbe un po’ meno la spontaneità, poiché si chiede all’Io-ausiliario di essere vicino al vissuto dell’attore più che esprimere liberamente e spontaneamente quello che lui ritiene. Il gruppo partecipa nella sua totalità solo nella fase finale della condivisione (sharing).
In Francia gli psicoanalisti conobbero poco l’opera di Moreno e valorizzarono soprattutto il contributo che la drammatizzazione offriva al soggetto nel senso di favorire l’esplicitazione di conflitti, difese e resistenze. Utilizzarono così lo psicodramma in particolare con soggetti che avevano difficoltà nella verbalizzazione, come i bambini e gli adolescenti, come una sorta di supporto alle psicoterapie verbali classiche. Le tecniche psicodrammatiche ora erano però volte all’analisi del transfert e dei meccanismi di difesa, interpretati quindi psicoanaliticamente.
Il gruppo diviene più piccolo e i partecipanti siedono in circolo: la scena assume un carattere immaginario per cui non esiste né palcoscenico né ricorso ad accorgimenti scenografici; è l’interpretazione psicoanalitica a divenire centrale così come è fondamentale l’uso del transfert e del controtransfert.
L’approccio di Anzieu è rivolto al lavoro psichico di simbolizzazione, intesa come possibilità di organizzare l’esperienza, che tramite le tecniche drammatiche diventa comunicabile e condivisibile. Attraverso lo spazio psicodrammatico si facilita l’instaurarsi o il restaurarsi di un’area transizionale. L’efficacia dello psicodramma per Anzieu è dunque simbolica.
Ma allora, ci si può chiedere, a cosa servirebbe il gruppo? Serve alla costituzione di un Io ideale comune: il gruppo diventa un oggetto investito di un fantasma di onnipotenza narcisistica. Lo psicodramma quindi in questo caso può essere visto come una psicoterapia di gruppo e del gruppo.
L’interpretazione presta una particolare attenzione ai movimenti nel qui e ora e viene collegata sia al vissuto del singolo sia agli effetti della risonanza fantasmatica del gruppo; il suo uso verbale è limitato alla fase iniziale e a quella finale della sessione. L’interpretazione psicodrammatica vera e propria avviene nella recitazione, in forma parlata (con un commento) o agita (con un intervento mediante il ruolo). Invece che interpretare i simboli lo psicodrammatista può usarli dando un’interpretazione implicita che consente al soggetto di continuare ad esprimersi (alcuni autori lacaniani invece pensano che si può interrompere la drammatizzazione, anche dopo poco, per dare luogo all’interpretazione verbale).
Nelle forme moderne le azioni interpretative sono azioni di cui può farsi carico anche tutto il gruppo oltre che il terapeuta.
Alcuni autori argentini hanno in seguito apportato modifiche interessanti: essi utilizzano, all’interno della psicoterapia, dei giochi prestabiliti per aiutare a pensare per scene, in maniera da facilitare l’espressione di sentimenti e comportamenti, consentendo di evidenziare le difese.
L’agire in psicoterapia è uno dei contributi più interessanti dello psicodramma alla cultura gruppale: esso è considerato come un differente livello di comunicazione e non come una regressione.
Per Foulkes l’attività del gruppo è un processo di comunicazioni verbali, di libere associazioni di gruppo.
A volte però può essere proprio l’azione ad aprire la porta alla comprensione e all’elaborazione conoscitiva. Nel gruppo, quindi, l’acting non è necessariamente una modalità di difesa che disturba la comunicazione: lo diventa soltanto in determinate circostanze altrimenti può essere considerato come un “analizzatore” delle relazioni correnti fra i suoi componenti, cioè come resistenza che svela la struttura.
Si attua così una distinzione tra due tipi di agire: un esercizio dell’azione come meccanismo di difesa che tende all’espulsione e alla scarica, e un agire che veicola comunicazioni, allo stesso modo di una comunicazione di tipo primitivo come quella tra madre e neonato.
Lo psicodramma come tecnica di azione e rappresentazione all’interno di un gruppo apre dunque una porta all’esplorazione di nuovi linguaggi e relative possibilità di elaborazioni e traduzioni.
Se la gruppoanalisi pone l’accento sul qui e ora, nello psicodramma l’attenzione è al futuro poiché la richiesta del gioco è proprio quella di rappresentare una situazione desiderabile. Ciò ovviamente pone una serie di dubbi nella prassi clinica, soprattutto se si finisce con l’inquadrare l’obiettivo terapeutico come il raggiungimento di uno “stato desiderabile”. Ma questo è un problema piuttosto complesso che meriterebbe una trattazione a parte.
Per approfondire: F. Di Maria, G. Lo Verso: La psicodinamica dei gruppi. Teorie e tecniche. (1995) Milano, Raffaello Cortina Editore.