A nessun genitore fa piacere vedere i propri figli stare male, sentirsi tristi, soli o abbattuti. È desiderio comune che i figli vivano in una bolla di felicità in cui nessun sentimento negativo possa toccarli. Quando tornano a casa da scuola e sono tristi perché si sono sentiti respinti o sono arrabbiati perché qualcosa non è andato come desideravano, la reazione iniziale di qualunque genitore è quella di provare a migliorare le cose. Si inizia a chiedere ai figli: “Perché non voleva farti giocare?” “Ma tu cosa hai fatto?” “Perché mai la maestra ti ha detto questo?”. È utile però comprendere che i figli non hanno bisogno di decine di domande né hanno necessariamente bisogno di qualcuno che risolva i loro problemi: quello di cui spesso i figli hanno bisogno è un posto sicuro dove poter stare male. Certo non è facile vederli stare male, la loro tristezza diventa la tristezza dei genitori, il loro dolore il proprio dolore. Ed allora spesso si ricorre a delle modalità che non sempre rappresentano la migliore soluzione possibile. Vediamo quali sono le risposte tipiche dei genitori davanti ai sentimenti negativi dei loro figli:
Il “muro di gomma” – “Dai, tirati su! Non può essere poi così terribile!” “La stai facendo più grossa di quello che è!” “Se questo è il tuo problema più grave… allora sei fortunato!”
In fondo con queste frasi si vuole soltanto che imparino a vedere le cose da una prospettiva differente: un giocattolo rotto non è la fine del mondo. I problemi dei bambini sembrano davvero piccoli rispetto a quelli degli adulti ma per i bambini i loro problemi sono gli unici che hanno e ne soffrono almeno tanto quanto gli adulti. Non solo: il modo in cui imparano a gestire i problemi da piccoli avrà un enorme impatto sulla loro felicità e sul loro successo nella vita. Quando i loro sentimenti non vengono presi in seria considerazione, i bambini imparano a non fidarsi delle loro emozioni (Perché questa cosa mi disturba così tanto se la mamma dice che non è un problema? Cosa c’è di sbagliato in me?) oppure si convincono che il loro mondo emotivo non sia interessante o importante.
Come fare? Invece di dire “non può essere così terribile!“, si può provare a dire loro che in alcune occasioni si è sperimentato personalmente qualcosa di simile, raccontando come ci si è sentiti in quei momenti. Sentirsi profondamente compresi dai genitori aiuta i bambini a sentirsi più vicini e connessi e ciò è fondamentale anche come prevenzione nei confronti di depressione e dipendenza.
Il risolutore – “Mi dispiace che Giorgino ti abbia offeso. Chiamerò sua madre e le parlerò!” “Non posso credere che ti abbia messo una insufficienza, capisco bene perché sei infuriato! Hai lavorato così duramente. Andrò a parlare col tuo insegnante.” “So che sei triste perché il tuo gatto è morto. Andiamo a prendere subito un altro gatto!“
Sembra che lo si faccia per loro – cercare di risolvere il problema – ma non è sempre la risposta appropriata. A volte possiamo e dobbiamo risolvere il problema, ma altre volte è necessario che siano loro risolvere il problema da soli o semplicemente accettare che a volte le cose vanno male. È la vita. Si sentono continuamente storie di genitori che si precipitano a scuola per intervenire nei i problemi dei figli. Ma se non si fa un passo indietro e non si lascia che siano i figli a occuparsi delle cose difficili, alla fine il problema diventano proprio gli stessi genitori! Un problema più profondo con l’essere “i risolutori” è che i bambini imparano che i cattivi sentimenti sono qualcosa di anormale e devono essere evitati a tutti i costi. Essi finiscono col sentirsi estremamente a disagio quando le cose non vanno come vorrebbero e saranno sempre alla ricerca di una soluzione: questa strada può portarli su di un territorio molto pericoloso. I bambini devono sapere che anche i cattivi sentimenti sono normali: i bambini con una elevata intelligenza emotiva imparano a sentire la loro rabbia o tristezza e a passare attraverso di esse senza che questi sentimenti diventino distruttivi.
Come fare? – “Mi dispiace che ti senti male. Vuoi un abbraccio?” Una delle cose più difficili ma più mature che si possa fare come genitori è imparare a riservare uno spazio per le emozioni difficili dei figli senza farsene inghiottire. Questo è particolarmente vero con la rabbia, poiché spesso la rabbia dei figli finisce con l‘evocare la rabbia nei genitori. Riuscire ad essere come il comandante esperto di una nave quando le acque diventano agitate fa sentire i figli al sicuro. Sedersi accanto ai figli mentre sperimentano cattivi sentimenti, invece di correre per risolvere tutto, fa capire che i cattivi sentimenti sono comunque temporanei e questa per loro è una lezione fondamentale.
L’isolatore. “Se vuoi avere il broncio tutta la sera allora vai in camera tua!” “Non uscire finché non sarai disposta ad essere carina!“
Mandare via, isolare i ragazzi quando stanno sperimentando cattivi sentimenti ha conseguenze piuttosto negative. Possono imparare a soffocare le loro emozioni in modo da non ritrovarsi soli: questo è particolarmente vero per i bambini piccoli che sono terrorizzati dall’idea di ritrovarsi soli o di perdere la vicinanza. È molto “disonesto” chiedere a chiunque (figuriamoci ad un bambino) di doversi sentire bene quando si sente male. Se una persona non può sentirsi male a casa, con la sua famiglia, dove potrà sentirsi male? Naturalmente, se un bambino è arrabbiato e lancia insulti (o oggetti!) va contenuto e non incoraggiato ma la rabbia, la frustrazione, la tristezza, il travaglio ecc. non possono avere come conseguenza quella di isolare il figlio quando proprio l’intimità umana rappresenta il miglior antidoto. Un’altra conseguenza negativa dell’isolamento è che i bambini si convincono di poter essere accettati (o addirittura amati) solo quando si sentono bene o sono felici. Questo è un altro ostacolo alla capacità di instaurare rapporti umani autentici, genuini e soddisfacenti.
Come fare? – L’opposto! Invitare il bambino triste, frustrato o arrabbiato a stare con voi: fate una partita, preparate dei biscotti o andate a fare visita a degli amici. È certamente importante comunicare che si è disposti ad ascoltare, se il bambino vuole parlare, ma in realtà basta trascorrere semplicemente del tempo stando insieme per aiutare il bambino a star meglio.
Ho trovato questo articolo, molto utile, interessante e dalle non banali implicazioni psicologiche; si tratta di una traduzione e adattamento dall’originale http://www.creativechild.com/articles/view/a-safe-place-to-feel-bad