Per qualcuno i regali di Natale sono una gioia, per altri un incubo. Ma secondo gli antropologi lo scambio di regali è anzitutto uno dei fondamenti delle strutture sociali umane. Sophie Chevalier e Anne Monjaret, antropologhe e etnologhe, hanno condotto diversi studi sul valore dei doni (Chevalier S., Monjaret A., 1998 – Dons et échanges dans les sociétés marchandes contemporaines. Ethnologie française, 28,4, 437-442.; Chevalier S. e Monjaret A., 2005 – Getting Gifting. Scientific American Mind, 16,4, 12-13).
Con il Natale alle porte è tempo di preoccuparsi dei regali e più la data si avvicina più aumenta la frenesia e l’angoscia di non finire in tempo tutti gli acquisti e non trovare le idee giuste: fare shopping diventa spesso un obbligo spiacevole. In realtà il periodo natalizio non è solo quello della corsa ai regali, ma è soprattutto un momento in cui si dichiarano, esplicitamente o implicitamente, “alleanze e rivalità”. La scelta di un regalo, il momento in cui lo si offre, fanno parte di una complessa manifestazione sociale: al centro dello scambio di regali c’è infatti il legame sociale e questo aspetto è così importante che alcuni studiosi sociali hanno addirittura ipotizzato che lo scambio sia proprio il fondamento di ogni società.
Marcel Mauss (Essai sur le don. Forme et raison de l’échange dans les sociétés archaïques, 1923-1924, L’Année Sociologique, I, 30-186 ; tr.it.: Saggio sul dono, 2002, Einaudi) individua una regola fondamentale dello scambio: un triplo obbligo che consiste nel donare, ricevere e rendere. Questa regola permette di stabilire e mantenere relazioni sociali in tutte le società. Una volta iniziati gli scambi, entriamo in un circolo da cui è difficile uscire. Ovviamente il dono è anche uno strumento di potere: può essere impossibile rendere ciò che abbiamo ricevuto. E ci si ritrova a essere eternamente debitori, a meno che non venga rifiutato il dono.
Anche se non tutti lo vivono con spirito religioso, il Natale può essere considerato come un rito collettivo. Celebrando questa festa si esprime la propria appartenenza a una comunità, a una famiglia: basta osservare l’aura di rimprovero che circonda chi si rifiuta di parteciparvi e viene spesso bollato come asociale. A Natale, d’altro canto, l’isolamento e la solitudine sembrano più insopportabili. Il Natale è prima di tutto la celebrazione di un’utopia familiare, la sacralizzazione di un modello normativo, quello del nucleo familiare. Chi non rientra in questo modello si ritrova a dover gestire (e spesso mascherare) la sua diversità. È necessario esplicitare le specificità del sistema di parentela stabilendo ad esempio le relazioni con la famiglia paterna o materna. In questo ambito si ha la possibilità di consolidare certe relazioni e di lasciarne indebolire altre. Attraverso lo scambio di regali, si può allora conservare un rapporto con membri della famiglia che si vedono raramente oppure compensare il fatto che non sia possibile festeggiare il Natale con loro. Accanto al vincolo del rito collettivo e alla necessità di mantenere legami offrendo dei doni, vi è una certa libertà nello scambio, una libertà propria delle società individualiste. Di conseguenza ogni anno si ha l’opportunità di riconsiderare il posto di ognuno, compreso il proprio, nella propria trama familiare e di amicizie. Tuttavia questa libertà non può essere esercitata se non a prezzo di ansia e stress: si è costretti a rivedere l’insieme dei propri legami sociali. Talvolta si tenta di sfuggire rimandando l’acquisto dei doni all’ultimo momento, nella vana speranza di non fare preferenze tra parenti o amici.
A Natale lo scambio di doni oltre che reciproco è anche simultaneo e ciò genera un’incertezza, un timore di non rientrare in uno schema di dono rispettoso ed equilibrato: ci si domanda <<Che cosa sto offrendo a questa persona? Purché non mi faccia un regalo troppo importante rispetto a quello che gli farò io>>. Se ci si basa su un’analisi del genere è evidente che il dono non sarà molto spontaneo!
Il Natale è una sorta di grande mercato nel quale viene esercitata la propria capacità di valutazione delle merci e dei rapporti con gli altri. Anche per quanto riguarda i bambini il Natale è un’occasione di apprendimento: osservando lo scambio di doni scopriranno che anche i regali hanno un prezzo. Un viso gioioso o un’aria delusa riflettono, con maggiore o minore discrezione, il sentimento di colui che riceve il dono. Il destinatario del regalo deve mostrare educatamente il proprio apprezzamento, ma dentro di sé ne valuta l’utilità, l’importanza, il costo, stabilendo una proporzione tra valore affettivo e valore commerciale. La classica frase “Non dovevi…” rimanda a questo piccolo calcolo mentale.
L’incontro tra società del dono e società delle merci si manifesta ancor più chiaramente nel fenomeno del dono in denaro. Come mai un dono in denaro suscita un senso di disagio? Questa forma di regalo contraddice il principio del dono gratuito, privo di apparente valore commerciale. Quasi sempre le persone che ricevono un regalo sotto forma di denaro lo usano per acquistare un oggetto, come se fosse indispensabile materializzare il dono in un oggetto in grado di rendere visibile il legame tra donatore e destinatario: il dono ha una vita dopo essere stato offerto. Una stampa o un soprammobile vengono esposti in una stanza, una collana è indossata in certe circostanze.
I regali quindi sono indizi rivelatori dei rapporti con chi ci circonda: è quindi chiaro come mai l’atto del dono sia così importante per gli esseri umani poiché rappresenta il terreno su cui fioriscono i legami sociali.