Perché così tante persone si sentono cronicamente infelici, frustrate, ansiose e depresse anche quando sembra non esserci alcun motivo evidente che giustifichi tali difficoltà? Perché molte relazioni apparentemente normali portano a dei vissuti negativi?

Spesso accade perché molti dei “sassi” e dei “dardi” che ci feriscono emotivamente non sono evidenti a occhio nudo: sono quelli che la psicoanalista Margaret Crastnopol ha definito in un suo recente libro “micro-traumi.” Si tratta di modelli di relazione interpersonali sottilmente dolorosi, che possono sembrare innocui e quindi passare inosservati. Se questi micro-traumi tendono ad accumularsi nel tempo, l’esito è una diminuzione del senso di autostima, un aumento dell’ansia e a lungo andare la compromissione della capacità di  cercare, sviluppare e mantenere relazioni sane.

 Un micro trauma è ad esempio una situazione in cui ci si sente inaspettatamente ignorati  oppure quando qualcuno si comporta in modo un po’ troppo confidenziale e inappropriato. Un altro esempio è quando qualcuno ci insulta negando contemporaneamente qualsiasi intento negativo. Un accumulo di micro-traumi può verificarsi durante l’infanzia così come in età adulta, può accadere in un contesto familiare, a scuola, o nel luogo di lavoro. Solitamente questi momenti traumatici avvengono all’interno di relazioni affettivamente importanti e quindi si è spesso motivati ad ignorarli ed a far finta di nulla in modo da non turbare la relazione. Ma facendo ciò si rischia anche di compromettere seriamente il proprio funzionamento costruttiva.

Nel suo libro, Micro-trauma: A Psychoanalytic Understanding of Cumulative Psychic Injury, la dott.ssa Crastnopol mostra dettagliatamente sette diversi modelli di interazioni micro-traumatizzanti. Ognuna di essi è composto da una particolare pattern di emozioni negative come la rabbia , l’invidia , l’indifferenza, l’ansia e la vergogna. In ogni modello, chi causa il dolore si presenta quasi sempre come neutrale o come dotato di buone intenzioni. A volte si è consapevoli di ciò che si sta facendo ma altrettanto spesso non si è a conoscenza della nocività di quel tipo di comportamento.

Un esempio

Oh tesoro“, dice una anziana donna al suo nipote adolescente, “Quella giacca di tuo padre ti sta così bene – molto meglio di quanto non stia a lui!” Preso alla sprovvista dall’ultima frase “molto meglio di quanto stia a lui ” – il giovane gioisce e rabbrividisce al tempo stesso: non può fare a meno di notare sia il complimento verso di lui che la cattiveria verso il padre, che era nella stanza accanto e facilmente avrebbe potuto sentito le parole della nonna.

Il giorno successivo, esplorando le sue reazioni durante la seduta di psicoterapia, il giovane si rende conto che si era sentito orgoglioso dell’ammirazione di sua nonna per la sua mascolinità, soddisfatto in fondo per questo piccolo trionfo sul padre, e contemporaneamente in colpa per essere stato lodato proprio a spese di suo padre. Ma poi ha avuto un pensiero ulteriore: se la nonna, dalla stanza accanto, era in grado di denigrare l’aspetto del proprio figlio, forse potrebbe fare la stessa cosa anche col nipote. Era, il suo, vero amore? Ci si poteva fidare?

La “tossicità” in lusinghe come quella della nonna potrebbe essere facilmente giudicata irrilevante o insignificante. E se succede solo occasionalmente, potrebbe non causare alcun problema. Ma l’accumulo di questo tipi di commenti – dalla nonna o da altri membri della famiglia – potrebbe arrivare a minare l’entusiasmo  che il nipote ha rispetto alla sua entrata nella fase della virilità. Potrebbero provocare la preoccupazione colpevole che la sua maturazione virile sarebbe giunta a scapito dell’armonia all’interno della famiglia.

Il ciclo micro-traumatico

Quando si è in qualche modo feriti dal comportamento sottilmente dannoso di qualcun altro, raramente il suo pieno impatto viene registrato consapevolmente. Diventa quindi impossibile proteggersi o prendere delle misure riparative in modo da alleviare il danno o da evitare che episodi simili possano ripetersi. Quando invece ci si trova dalla parte di chi danneggia qualcun altro, spesso si è piuttosto inconsapevoli degli effetti deleteri del proprio comportamento. Poiché molto di tutto questo accade fuori dalla consapevolezza e non viene affrontato direttamente, il risultato può essere un “ciclo tossico” in cui la persona che viene ferita tende successivamente a ferire sua volta, favorendo una ulteriore reazione punitiva, e così via all’infinito.

Analizzare le ripetizioni “micro-traumatiche”

Una volta che una persona – all’interno di un trattamento psicoanalitico – arriva a riconoscere dei pattern di interazione “micro-traumatici”, accede alla possibilità di riflettere sui possibili motivi inconsci di fondo che si celano dietro quel particolare comportamento. “Come autore del comportamento dannoso, si sta forse utilizzando questa strategia subdola perché si è troppo preoccupati per agire ed attaccare in modo più diretto e quindi più vulnerabile? Oppure: si fa questo perché si prova rabbia o invidia verso l’altro? Come vittima, perché inconsciamente si collude e si permette l’altrui maltrattamento su di sé? È in qualche modo possibile fermare questa modalità?

Può essere molto utile cercare ed analizzare in profondità i propri comportamenti ed i propri sentimenti. Uno psicoterapeuta sensibile e preparato può offrire supporto e guida nel comprendere quando sono in gioco alcune malsane tendenze relazionali. Comprendere i modelli micro-traumatico può aiutare a ridurre le difficoltà emotive di una persona e aumentare notevomente la sua crescita personale.

Margaret Crastnopol è psicoanalista della Società Psicoanalitica di Seattle e fa parte del relativo Istituto di training. È anche supervisore e docente presso il William Alanson White Institute ed è membro del comitato di redazione della rivista Contemporary Psychoanalysis . E ‘autrice di  Micro-trauma:  A Psychoanalytic Understanding of Cumulative Psychic Trauma  pubblicato da Routledge nel 2015.

Liberamente tratto e tradotto da: www.psychologytoday.com